Ritrovati reperti archeologici di un naufragio portoghese del XVIII secolo.

Ritrovati reperti archeologici di un naufragio portoghese del XVIII secolo.
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Un recente studio ha portato alla luce evidenze archeologiche che identificano un naufragio del XVIII secolo sull’isola di Madame, al largo della costa del Madagascar, suggerendo che si tratti della nave Nossa Senhora do Cabo, un’imbarcazione portoghese catturata dai pirati Olivier Levasseur ‘La Buse’ e John Taylor, nel 1721.

“Basandoci su oltre due decenni di lavoro sul campo, studi archivistici e analisi di laboratorio”, iniziati nel 1999, l’indagine combina analisi di materiali, resti di scafo e dati ambientali con racconti di fonti documentali.

Gli artefatti recuperati dal sito includono porcellana cinese, oggetti religiosi di origine goana, monete, conchiglie e materiali da costruzione coerenti con il design portoghese dell’India, si legge nello studio.

Il complesso archeologico recuperato dal sito corrisponde alle descrizioni storiche dei carichi trasportati lungo la rotta del Capo, e successivamente rinnovato e rinominato da La Buse come ‘Victorieux’ (‘Vittoriosa’).

“La nostra interpretazione del sito come parte della rotta del Capo è supportata da evidenze archeologiche e racconti storici, e smentisce narrative contraddittorie riguardo al destino dell’imbarcazione”, afferma lo studio, facendo riferimento, a titolo di esempio, a un racconto secondo cui la nave naufragò al Capo Amber.

“Tuttavia, le nostre indagini si allineano con racconti contraddittori secondo cui la nave fu eventualmente abbandonata e probabilmente incendiata, sull’isola di Sainte-Marie, nello stesso micro arcipelago in cui si trova l’isola di Madame, vicino all’isola del Madagascar.

Questo caso archeologico presenta nuovi dati sulla pirateria, il commercio globale e il potere coloniale nell’Oceano Indiano Occidentale.

“Lo studio illustra l’utilità dell’applicazione di una metodologia archeologica multidisciplinare per chiarire il registro storico, in particolare nel contesto dell’identificazione di siti di naufragi di pirati che raramente conservano prove diagnostiche inequivocabili, come ad esempio la campana di Wydah Gally”, affermano i ricercatori Brandon A. Clifford e Mark R. Agostin.

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